mercoledì 15 ottobre 2008

Cari potenti, leggete la parabola dei talenti

La storia delle società, scriveva Cechov, è la storia di come si viene incarcerati. Va aggiunto che ancor oggi la ricchezza di pochi si costruisce (nel nostro mondo) sempre e soltanto sulle tante povertà di tanti. Parimenti, le libertà delle classi alte sono da sempre state in contrasto con le limitazioni per i gruppi sociali svantaggiati, le cosiddette “classi pericolose”. Essere povero è per certi versi un delitto verso se stessi. Ma il mondo è fatto anche d’opportunità che un essere umano offre al proprio simile. Se questa società nega le possibilità di riscatto (forse rivalsa) come possono le classi povere risalire la china? E’ giusto un ritorno alla fissità pre-giacobina delle classi sociali? La parabola dei talenti è forse il modo più esemplificativo per dimostrare che l’uomo onesto non acciuffa le opportunità ma le aspetta. La parabola parla di un uomo che parte per un viaggio ed affida i propri beni ai suoi servi. Ad un servo affida cinque talenti, ad un secondo due talenti ed ad un terzo un talento. I primi due, sfruttando la somma ricevuta, riescono a raddoppiare le ricchezze. Il terzo invece va a nascondere il talento ricevuto. Quando il padrone fa ritorno, apprezza l’operato dei primi due servi; ma condanna il comportamento dell’ultimo. Chi governa un territorio dovrebbe comportarsi da uomo saggio, dare delle opportunità alle “classi pericolose”. Se ad una popolazione non si lascia possibilità di scelta tra fabbrica di beni terreni legali e trasporto abusivo d’immondizie, tra onestà e camorra, tra ricchezza d’animo e povertà di contenuti, non si saprà mai se chi nasce e muore a Sin City sia capace d’operare un cambiamento o meno. Bollare un popolo come reietto è troppo facile, non richiede alcun impegno culturale e politico.
C’è chi sostiene che nel nostro Occidente stiano aumentando numericamente i nuovi poveri, e che tra loro vi sarebbero ex impiegati, pensionati, disoccupati. E’ evidente che per ogni 10 nuovi poveri vi sarà certamente un ricco ancor più ricco. Questa affermazione non vuole certo istillare l’odio di classe (lo scrivente è anni luce lontano da certe strade). Ma serve a comprendere come il pianeta delle scimmie sia di gran lunga più vicino della Città del sole. Quella stupenda polis sulla linea dell’Equatore, che tanto somiglia alla Repubblica di Platone, è solo utopia. Fuori dalla porta della nostra casetta c’è fame e violenza, c’è solo un gorilla, armato di clava, sempre pronto a colpirci. La poca, e ben che vada scarsa, solidarietà tra noi uomini, allontana e scinde Potenza, Sapienza ed Amore in tre diversi corpi. Lupus est homo homini, sosteneva Plauto, e nel periodo volgare l’adagio divenne homo homini lupus: l’uomo è un lupo per l’altro uomo, per il suo simile. L’aforisma da immediata diagnosi della natura umana, fondamentalmente egoistica. Sintetizza le azioni dell’uomo nell’istinto di sopravvivenza e sopraffazione.
Nessuno si salva. Il peccato ci pervade. Si piange e si ride. Milan Kundera si dimostra ex delatore dei servizi segreti comunisti, ed in buona compagnia di Kapuscinski. E per entrambi l’ottima letteratura come espiazione al tanto male fatto ai propri simili. Del resto in Italia di esempi simili ne contiamo a bizzeffe, basterebbe enumerare tutti gli ex brigatisti oggi uomini di buone lettere. E che dire della integerrima Bruni Tedeschi in Sarkozy? Sia lei che la sorella attrice frequentano il salotto colto dei terroristi italiani in esilio a Parigi, soprattutto li difendono dalla giustizia del Belpaese. Da quando preferire un assassino ad un galantuomo è opera meritoria? Poi c’è il parlamentare Cicolani, vergogna della Pdl (giustamente inviso a Tremonti) che va in brodo di giuggiole ogni qual volta intravede uno spiraglio per salvare burocrati discutibili e boiardi di stato. Tutti in gara a dare opportunità a Caino. Intanto la gente onesta finisce in povertà od in galera, perché giudici e gendarmi alla Pinocchio trovano comodo perseguitare chi non ha più la forza economica per far fronte agli impegni imposti da questa società. Nella sola Roma più di cinquemila famiglie non hanno più diritto al credito perché la Gerit le ha inserite nella Crif, sistema d’informazione creditizia che bolla, e mette al bando, anche chi non ha più la forza economica per far fronte alle utenze od alle contravvenzioni. La gente si ribella dinnanzi ai portoni della Gerit, e le forze di polizia rincarano la dose: arrestano la povera gente per “interruzione di pubblico servizio”. Ma la Gerit è privata? E perché forse la Parmalat non era una struttura privata? Oggi Callisto Tanzi è libero, mentre i pensionati truffati dai titoli Parmalat (che alzarono la voce al processo, chiedendo la restituzione dei loro soldi) rischiano una seria condanna per oltraggio alla corte. La vita degli esclusi è di per se una condanna, e come suggeriva Kafka “ il condannato sembrava così bestialmente rassegnato che poteva essere lasciato libero di correre sulle colline, e un semplice fischio sarebbe stato sufficiente a farlo tornare in tempo per l’esecuzione”.
Ruggiero Capone

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